di Paolo Becchi e Giovanni Zibordi su Libero, 12/03/2020


Secondo uno scoop della “Bild Zeitung” di ieri, Angela Merkel durante una riunione del consiglio dei Ministri, ha discusso il fatto che è probabile che un 60% dei tedeschi alla fine possa essere infettato dal coronavirus. Finora la Germania ha pubblicato pochi casi di contagio e solo due decessi attribuibili al virus, ma forse perché ha anche effettuato pochi test (circa un migliaio contro oltre trentamila dell’Italia). Inoltre, come riportato ad esempio Sky24, sembra che in casi di decessi di malati anziani positivi al virus, ma con diverse complicazioni, in Germania non siano tenuti a indicarli tutti come decessi da coronavirus.

È possibile quindi che in Germania, ma anche in Francia, Giappone e Gran Bretagna, in America che finora hanno effettuato un basso numero di test e mostrano pochi contagiati e pochi decessi, vi sia una strategia opposta a quella italiana. La Deputy Chief Medical Officer del governo inglese ad esempio, Dottoressa Jenny Harries, dichiara che “l’approccio è trovare un equilibrio tra la protezione della salute e l’evitare di paralizzare la vita e l’economia della nazione” (BBC Breakfast, 10 marzo).
Negli USA questa strategia è particolarmente evidente perché Trump non si stanca di notare che l’influenza fa 30 mila vittime ogni anno e il Covid finora ne ha causate meno di 20 ed enfatizza sempre il bisogno di evitare il panico e di far funzionare l’economia.

L’impressione è che in questi paesi (e forse altri più piccoli come il Belgio, ad esempio) il governo (e i suoi advisor scientifici), diano per scontato che è difficile fermare il diffondersi di un virus come questo che nell’80% dei casi è asintomatico. Di conseguenza si concentrano sul fornire terapie e trattamento adeguato ai malati, ma cercano di non allarmare e probabilmente cercano di non attribuire al coronavirus tutti i decessi in cui siano in gioco altre complicazioni.

Questo è esattamente l’opposto dell’Italia dove ogni giorno l’allarme aumenta, si è imposto il coprifuoco e la chiusura di ogni tipo di attività e in pratica si vogliono chiudere in casa 60 milioni di persone a prescindere dalle conseguenze. Da domani infatti sembra non sarà possibile o difficile comprare un pneumatico, un libro, una lampada, una batteria per auto e in pratica qualunque cosa non sia di genere alimentare o medico.

Questo blocco totale viene giustificato però con l’esempio della Cina perchè in effetti il numero di decessi ora in Italia sta assomigliando a quello della Cina a gennaio scorso. Quello che molti però sembrano non comprendere è che la Cina ha applicato questo coprifuoco solo in una regione di 70 milioni di persone su una popolazione di 1,400 milioni. Se noi avessimo chiuso alcune province in Lombardia il paragone reggerebbe, ma in Cina, nonostante ci fossero alcune migliaia di casi di contagio anche fuori dalla provincia di Hubei, non si è imposto con decreto, di non uscire più da Shangai o a Pechino di non uscire di casa. Il governo ha spiegato che era meglio uscire il meno possibile, usare mascherine, non toccare altre persone, lavarsi bene le mani e così via, ma non lo ha imposto per legge ad un intera popolazione. Molti negozi, locali, fabbriche e uffici sono rimasti chiusi, ma non perché il governo lo ha decretato e mandasse la polizia in giro per Pechino a multare ad arrestare ( solo nella provincia di Hubei si è agito così).

Dire che in Italia è necessario imporre tutto per legge con la polizia e le multe perché gli italiani sono indisciplinati è ridicolo, visto che due giorni fa, per la festa della Donna, in Spagna ad esempio ci sono state manifestazioni di centinaia di migliaia di persone e a Parigi e Londra o Berlino la vita notturna continua anche oggi come prima.

Che la linea del governo Conte sia qualcosa di unico al mondo lo si può leggere anche nei report della stampa estera che titola “Italia primo paese che chiude a chiave (“lockdown”) tutto”. All’estero si rendono conto cioè del fatto che stiamo facendo qualcosa che neanche i cinesi hanno fatto (salvo in una piccola provincia). E non condividono affatto quello che stiamo facendo.

L’impostazione del governo Conte – che l’opposizione vorrebbe rendere ancora più dura – è diversa anche da quella del resto dei paesi avanzati, dal Giappone alla Francia alla Germania. Paralizzare un’ intera nazione e la sua economia non è qualcosa che si possa decidere solo sulla base di ipotesi di virologi che pensano possa aiutare a frenare un contagio, ma non hanno la responsabilità del funzionamento di una intera nazione. Ad esempio nel Regno Unito gli esperti scientifici cercano di bilanciare protezione della salute con il funzionamento della società e dell’economia.

Poiché oggi tutti vogliono fare come i cinesei occorre ricordare che in Cina, dove il virus è esploso, si è infatti anche usata una strategia mirata di quarantena rivolta ai contatti, amici, conoscenti, parenti e colleghi di ogni paziente grave. Si sono predisposti team che sistematicamente si occupavano della rete di relazioni di un paziente per trovare tutti i casi sospetti. Se quindi ad esempio in Italia hai ora 5 mila pazienti in condizioni serie, rintracci per ciascuno una ventina di persone con cui sono state in contatto, le esamini e se positivi, imponi a 50mila altre persone una quarantena completa e rigorosa. Questo è diverso da un blocco generico della vita per decine di milioni di persone, a prescindere dal fatto che siano state sottoposte a test.

In Italia oggi polizia e vigili devono controllare milioni di persone, che non devono girare se non per comprare cibo e giustificare ogni visita e movimento. Di conseguenza non possono poi concentrarsi a fare test sistematicamente ai casi sospetti e isolarli veramente. In Italia ora si chiudono interi reparti di ospedale per chi non sia un caso legato al coronavirus e si bloccano quindi non solo aziende, tribunali e servizi pubblici, ma una parte della sanità stessa. Si respingono pazienti che devono avere check up perché il personale è insufficiente e deve dedicarsi solo al coronavirus. Allo stesso tempo, per fare un esempio, si chiudono però i centri prelievi, perché si immagina che possano essere sedi di contagio, invece di renderli sicuri.

Nel caso del governo tedesco invece, come si è visto, si discute di una diffusione inevitabile del virus, per cui si ragiona se valga la pena di cercare di bloccare un intero paese isolando milioni di persone e paralizzandolo. Nel caso del governo americano atteggiamento è palese in ogni dichiarazione di Trump, che assimila sempre i decessi da coronavirus a quelli più ampi da polmonite e influenza ed enfatizza di continuo il salvaguardare l’economia.

Noi stiamo ora soggiacendo ad un esperimento di paralisi quasi completa di un’intera nazione per fermare la circolazione di un nuovo virus di cui non si sa molto. E’ lecito avanzare dubbi su questa strategia, anche perché è davanti agli occhi di tutti che in Cina decine di milioni tornano ad uscire e circolare e lo stesso i dati indicano che i contagiati sono poche decine al giorno e i decessi una ventina.

Le risorse dello stato dovrebbero essere impiegate innanzitutto per attrezzare dozzine di unità di terapia intensiva e mantere l’assistenza sanitaria a tutti e poi, a partire dai pazienti ricoverati, nel rintracciare, sottoporre a test e isolare in quarantena completa alcune decine di migliaia di casi sospetti.

Paralizzare invece la vita di un’intera nazione per evitare che 60 milioni di individui arrivino mai a sfiorarsi o si avvicinino alla distanza di un metro da qualcun altro è un esperimento che nessun altro paese vuole fare, altro che estendere la zona rossa a tutta l’Europa. Quello che sta avvendo in Italia verrà ricordato probabilmente tra qualche mese come un caso estremo di psicosi collettiva.