di Paolo Becchi e Giuseppe Palma su Libero, 09/11/2017


Alea iacta est. Già, è proprio il caso di dirlo: il dado è tratto. Il centrodestra, se unito, vince. È accaduto alle amministrative di giugno, è riaccaduto ora alle regionali siciliane. E succederà alle regionali del prossimo anno e a quelle politiche. Come ha detto Musumeci il risultato siciliano ha valenza nazionale. Vediamo perché.

In Sicilia si è votato con un sistema proporzionale che prevede le coalizioni tra liste. Col 39,85% dei consensi (il 42,04% come sommatoria dei voti di lista) Musumeci ha ottenuto, seppur di poco, la maggioranza assoluta dei seggi a Palazzo d’Orléans, grazie anche al minipremio di listino. Ha, insomma, i numeri per governare con i partiti che lo hanno sostenuto, senza, come ha fatto Crocetta, governare per lo meno all’inizio (ma anche in seguito) grazie al sostegno del M5s. Il candidato del M5s ha ottenuto il 34,65% dei voti, ma l’unica lista che lo sosteneva si è fermata al 26,67%. Il buon risultato di Cancelleri, nonostante abbia perso, è quindi dovuto al voto disgiunto, cioè quella facoltà data all’elettore di votare per una qualsiasi lista ed esprimere il suo voto anche per un candidato presidente diverso.

Proviamo ora l’esperimento a livello nazionale, dove però il sistema è in parte maggioritario con collegi uninominali (nella misura di circa il 37%) e in parte proporzionale con collegi plurinominali (in misura del 63%). Ma attenzione! Il Rosatellum vieta il voto disgiunto, vale a dire l’elettore dovrà votare necessariamente per una lista della quota proporzionale (collegi plurinominali) tra quelle collegate al candidato dell’uninominale prescelto, o viceversa, con la conseguenza che se l’elettore scegliesse solo il candidato del collegio uninominale, il suo voto si estenderà automaticamente alla lista o alle liste a lui collegate nei collegi plurinominali, meccanismo valido anche nel caso contrario.

Visto che nei collegi uninominali si vince anche di un solo voto, con l’assenza del voto disgiunto i calcoli  non sono così difficili. Qualora la coalizione di centro-destra dovesse ottenere alle prossime elezioni politiche la stessa affermazione elettorale ottenuta in Sicilia (circa il 40%) – cosa assolutamente fattibile visto che a livello nazionale sia la Lega sia Fratelli d’Italia otterranno molti più voti di quelli ottenuti nell’isola – è chiaro che farà man bassa dei seggi assegnati col sistema dei collegi uninominali, i quali, aggiunti a quelli assegnati con la quota proporzionale, porteranno Berlusconi, Salvini e Meloni non solo a vincere le elezioni, ma anche ad avere la maggioranza assoluta dei seggi.

Chi ha pensato il Rosatellum lo ha costruito per fregare il M5S, sperando potesse essere utile al PD, o quanto meno a creare una situazione di caos postelettorale, non rendendosi conto che quel sistema era perfetto proprio per il centrodestra. Berlusconi ha fiutato l’affare e ha portato a casa una legge elettorale che, tenuto conto ora anche dei risultati ottenuti in Sicilia, prepara la prossima vittoria alle politiche del centrodestra. Ad avallare la circostanza che il voto siciliano possa essere considerato un laboratorio a livello nazionale subentra anche la scheda elettorale del Rosatellum, la quale riporta l’indicazione dei candidati dei collegi uninominali come se si trattasse di candidati sindaci o candidati presidenti di regione.

L’aspetto più importante resta comunque l’assenza del voto disgiunto nel sistema elettorale con cui andremo a votare: questa assenza danneggia pesantemente il M5s e consentirà al centrodestra di aggiudicarsi circa il 70% dei collegi uninominali con il 40% dei con-sensi reali.

Sommando i seggi ottenuti dai collegi uninominali a quelli ottenuti dalla quota proporzionale il centro-destra potrebbe ottenere la maggioranza assoluta dei seggi tanto a Montecitorio quanto a Palazzo Madama. Se ci è riuscito Musumeci in Sicilia con voto disgiunto a maggior ragione senza quel voto ci può riuscire il centrodestra in Italia.